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17 maggio, la giornata internazionale contro l’omo-lesbo-bi-transfobia.

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Autrice: Giulia Anzani

Sono 130 i Paesi per cui il 17 maggio rappresenta una giornata fondamentale per i diritti e l’uguaglianza: è la giornata internazionale contro l’omofobia, la lesbofobia la bifobia e la transfobia. 

Per capire il motivo della scelta di questa data, facciamo un salto indietro, a 33 anni fa.

È il 17 maggio 1990 quando l’OMS pubblica la decima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie: l’omosessualità non compare più nella lista. È un momento storico, il culmine di una storia che affonda le sue radici in un terreno profondissimo. Lungo l’Otto e il Novecento, l’omosessualità è stata definita “disturbo mentale” da psichiatria e medicina. In quanto considerati devianze, i cosiddetti comportamenti omosessuali erano soggetti a terapie riparative di conversione con l’uso di droghe e dell’elettroshock. Legislativamente, l’omosessualità era punita come “crimine contro natura”.

A distanza di 14 anni dalla pubblicazione della lista aggiornata, il 17 maggio 2004, Louis-Georges Tin, attivista impegnato nella lotta al razzismo e all’omofobia nonché curatore del Dictionnaire de l’homophobie, ideò la prima Giornata internazionale contro l’omofobia.

Nel 2007, l’UE ha reso ufficiale la giornata contro l’omofobia sul territorio europeo: tra le altre cose, il testo “sottolinea che l’UE è innanzi tutto una comunità di valori […], l’uguaglianza e la non discriminazione sono fra i valori che più contano”, “sollecita la Commissione ad accelerare la verifica della messa in atto delle direttive antidiscriminazioni e a istituire procedimenti contro gli Stati membri in caso di violazione dei loro obblighi a norma del diritto comunitario”, “condanna i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti di omosessuali in quanto alimentano l’odio e la violenza, anche se ritirati in un secondo tempo”, “esprime la propria solidarietà e il proprio appoggio agli attivisti dei diritti fondamentali e ai difensori della parità di diritti per i membri della comunità LGBT”.

Nel 2009 la campagna IDAHO (acronimo di International Day Against Homofobia) viene incentrata sulla transfobia e sulle violenze contro le persone transgender. Il nome ufficiale diventa Giornata Internazionale contro l’omofobia e la transfobia, fino al 2015 quando viene aggiunta anche la bifobia negli obiettivi della campagna.

E oggi?

È il 17 maggio 2023. Su 49 Paesi presi in studio dall’associazione Ilga-Europe, l’Italia risulta al 34° posto per il rispetto dei diritti delle persone LGBTQIA+. Tra i Paesi dell’Europa occidentale, il nostro è uno dei più arretrati. E non solo…

Sono passati un anno e sette mesi circa dall’affossamento del DDL Zan, il disegno di legge che prevede l’inasprimento delle pene contro crimini e discriminazioni omotransfobiche, misogine e abiliste. Solo dal 1° gennaio corrente anno sono stati registrati 20 episodi di omo-transfobia in Italia. Le terapie di conversione sono ancora legali e praticate su suolo italiano. Non abbiamo alcuna legge sul matrimonio egualitario – solo le unioni civili dovute alla Legge Cirinnà emanata nel 2016 – né sulle adozioni da parte di coppie omosessuali. Come se non bastasse, da quest’anno va ad aggiungersi il divieto di trascrizione degli atti di nascita dei figli di coppie omogenitoriali.

Sono passati 33 anni da quel 17 maggio 1990, ma il problema è ancora tristemente attuale – anche a causa di scelte di governo che legittimano la libertà di parola solo quando è a danno di chi non è eterosessuale e/o cisgender. Non si nasce omofobi o transfobici: l’educazione della famiglia e della scuola, e le informazioni che arrivano dalla politica e dai media, possono alterare la percezione che si ha dell’amore e della sessualità. E, anche per i non credenti, la Chiesa cattolica ha un’enorme peso nel sentire comune, specie durante la crescita e specie in taluni contesti.

Nel mondo, ma nello specifico in Italia, cresciamo immersi in una cultura bigotta, omofoba, razzista, misogina e abilista, e questo ci porta a interiorizzare nel profondo alcune paure: per ciò che è considerato sbagliato, per ciò che è considerato diverso. E non veniamo mai educati dalle istituzioni alla sensibilità verso questi temi. È necessario auto-educarci a sviluppare l’empatia e la sensibilità, abituarci ad un linguaggio inclusivo, ma soprattutto imparare ad ascoltare. Con l’ascolto dell’altro si può migliorare e crescere, con l’ascolto dell’altro si possono abbattere i pregiudizi. Anche nel peggiore dei contesti.

Pubblicato su www.agenziaradicale.com il 18 maggio 2023

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