Autrice: Giulia Anzani
È passato ormai quasi un mese da quando ho assistito allo spettacolo “Un tè per due regine”, con Caterina Casini e Marilù Pratinelle vesti, rispettivamente, di Peggy Guggenheim e Palma Bucarelli, dalla regia di Francesco Suriano.
A seguito della mia recensione, ho avuto il piacere di scambiare due parole con Marilù Prati. Attrice, autrice, regista, cantante e adattatrice di testi; direttrice artistica e fondatrice di “Mediterranea Teatro”. Ma anche donna moderna, concreta e disponibile. Non appena le ho proposto una breve intervista, non ha minimamente esitato…
A seguire, la nostra chiacchierata.
Ho ben impressa la sua interpretazione di Palma Bucarelli, da cui emerge una donna complessa e dai mille interessi. È stato complicato entrare in un personaggio simile?
No, per niente complicato. La sua storia, la sua vicenda umana e artistica sono state per me l’occasione di tuffarmi in mare aperto. Ci sto lavorando dal 2013 e questo è il terzo spettacolo che ho scritto e interpretato su Palma Bucarelli. Amo tutto di lei, anche se sono consapevole che, essendo un’ottima funzionaria statale che ha vissuto il suo ruolo con grande dignità (cosa non comune in Italia), è stata anche una burocrate. Ma la sua passione per l’arte moderna abbraccia tutto il novecento fino ad arrivare a Pino Pascali, Mario Ceroli, Mario Schifano e oltre.
Il suo amore per la GNAM (Galleria Nazionale d’Arte Moderna) – creata da lei con le sue acquisizioni, le sue mostre così coraggiose dal dopoguerra agli anni ’70 -, le è costato condanne e processi, interrogazioni parlamentari… soprattutto da parte dei liberali, che le contestavano il fatto di aver sperperato denaro pubblico per “l’acquisto di cosiddetti artisti moderni: opere fatte di stracci, tele di sacco, plastiche bruciate, vecchi ferri arruginiti…”.
Per me è un’eroina, soprattutto in questi tempi oscuri, in cui la cultura in Italia è così bistrattata e trattata come una Cenerentola. Palma, invece e giustamente, si vedeva come l’imperatrice Caterina di Russia o la Regina Vergine Elisabetta I.
Trovo meraviglioso anche il suo amore per la moda e l’eleganza viste anch’esse come strumenti per la preparazione dell’idolo. Lei stessa, che attendeva in posa ieratica al vertice della scalinata della sua galleria i presidenti della Repubblica, che ascendevano a lei in occasione delle inaugurazioni delle sue mostre. È stata una donna libera che non si è mai voluta sposare se non, alla fine, con Paolo Monelli, l’amore di una vita.
Al contempo non ha mai nascosto le sue passioni amorose, come quella con Carlo Argan, esplosa all’improvviso, quando avevano tutti e due quasi sessant’anni. Infine last but not least il suo amore per la sua Galleria d’Arte Moderna, così intenso ed esclusivo da ritagliarsi un appartamento all’interno del museo, il cui salotto era frequentato dagli artisti di tutto il mondo in occasione di feste e ricevimenti che offriva periodicamente.
Nello spettacolo, si raccontano due donne potenti che, almeno in parte godevano di una insolita autonomia per l’epoca vissuta. Pensa che ne fossero consapevoli?
Certamente. E questa libertà, come raccontiamo anche nello spettacolo io e Caterina Casiniche interpreta Peggy Guggenheim, se la sono guadagnata, impegnandosi fino in fondo in tutto quello che hanno fatto per l’Arte, se pur da posizioni differenti: pubblica per la Bucarelli, privata la Guggenheim, fra amori, odi, passioni e combattimenti.
Nel contesto storico che stiamo vivendo, in cui l’autodeterminazione delle donne è ancora tristemente in discussione, e pensando a quello che in queste ore accade – in Italia, in Iran… -, quanto giudica importante che l’arte prenda posizione? Raccontando storie, ricordando personaggi importanti e forti, trova si possa dare uno scossone alla società addormentata?
Il teatro è un mezzo potentissimo e io cerco in tutti i modi – quando propongo uno spettacolo, un testo scritto da me o insieme ai miei collaboratori – di rivolgermi a tutti, di appassionare e sensibilizzare anche affrontando le questioni e il momento che stiamo vivendo.
Considero i miei maestri il Living Theatre, Eduardo, Carmelo Bene, Luca Ronconi, il teatro politico e ironico di Brecht e Majakovskij. Cerco una qualità alta, ma non sempre questo è possibile nel mondo del teatro italiano, dove il pubblico viene obbligato a consumare ciò che vogliono i direttori dei teatri pubblici o privati, abituando gli spettatori a mangiare tutti la stessa pappa, con abbonamenti e scambi in un circolo chiuso che occupa i palcoscenici più belli d’Italia, mostrando spesso spettacoli mediocri che hanno il solo pregio di circuitare, e che vanno bene per tutti.
Quindi penso, alla fine, che per tutto questo complesso di motivi, il vero teatro, se avesse spazio, potrebbe avere un valore rivoluzionario enorme.
Ci siamo sentite tardi rispetto allo spettacolo, ma giusto in tempo per porre un’ultima domanda a lei come cittadina, artista e donna: nei confronti della prima presidente del consiglio donna, come si sente?
Non ho fiducia in questo governo, è inutile nasconderlo. Per motivi culturali e politici. Dico che è una distonia, la situazione che intravedo è in prospettiva profondamente negativa. Forse la mia è utopia, ma le tendenze del presente sono queste, ho una visione per il futuro molto preoccupata. Per larga parte di coloro che compongono questo governo non ho stima. Comunque ho sofferto moltissimo, non resta che prenderne atto. Mi fermo qui. Dice Scurati: “L’opposizione siamo noi”. Seguirò questa massima…
Pubblicato su www.agenziaradicale.com il 25 ottobre 2022